La mia città

La mia città
Bellissima e lontana

martedì 21 luglio 2020

Passaggio in India - E.M. Forster, 1924

Di quest'opera così conosciuta mi ha sempre incuriosito il titolo, a cui non sono stata in grado di dare un significato chiaro anche dopo aver letto il libro. Documentandomi ho finalmente scoperto che Forster con esso si rifà ad una poesia scritta dall'amico poeta Walt Withman, A passage to India, scritta in occasione dell'apertura del Canale di Suez. Per Whitman quest'opera architettonica avrebbe potuto rappresentare un legame tra Occidente ed Oriente, ma Forster al contrario crede questa unione non sarà mai possibile, poiché in India, per quanto ci si provi, tutte le connessioni sono del tutto impossibili.
E' con questo spirito che in effetti egli scrive il suo romanzo, mettendo in evidenza ad ogni occasione la totale e completa divergenza tra cultura indiana e cultura inglese, e l'impossibilità di qualsiasi assonanza, comunione, empatia o capacità d'intesa tra le due civiltà, che non sia quella tra colonizzatori e sudditi. Niente, nemmeno la sincera amicizia tra due esseri umani appartenenti ai due schieramenti - amicizia che porta addirittura uno dei due a schierarsi dalla parte dell'altro contro i propri simili - potrà vincere l'immensa distanza che separa i due popoli. Allo stesso modo, una volta allontanatisi proprio a causa della diversità di cultura, è evidente che niente potrà riavvicinare i due amici se non un'eventuale cacciata del popolo invasore dalla penisola e la ritrovata indipendenza del popolo sottomesso.
E' chiaro che l'avvenimento centrale su cui si basa il romanzo, e cioè l'accusa e il processo ad un giovane medico indiano sono puramente accessori e servono semplicemente all'autore per poter descrivere tutte le divergenze di mentalità e pensiero tra indiani e inglesi. Purtroppo però mi è parso che queste argomentazioni in fin dei conti si siano rivelate soltanto una lunga serie di clichet, perfettamente compatibili con l'epoca in cui il romanzo è stato scritto ma abbastanza irritanti in epoca odierna, e che quasi quasi sarebbe bastato leggere l'explicit del libro per ricavarne l'intero messaggio . Come ho già detto va tenuto conto del fatto che il libro è stato scritto nel 1924, trentanni prima che si realizzino le condizioni per le quali, secondo Forster, si sarebbe potuta realizzare l'amicizia tra i due popoli. Questo passaggio però(di nuovo questa parola!), dal giogo all'indipendenza, è stato così drammatico e lacerante ed è costato così tante vite tra musulmani e induisti che in esso non è davvero facile trovare alcun tipo di armonia. Ma questa è un'altra storia.

lunedì 13 luglio 2020

Moderato cantabile - Marguerite Duras, 1958

Una donna, Anna, accompagna il proprio bambino a lezione di piano. Egli sta imparando controvoglia una sonatina di Diabelli, unica indicazione sullo spartito: moderato cantabile. In un bar lì vicino un'altra donna viene uccisa dal suo amante: non sappiamo nulla di chi siano entrambi: di loro continueremo ad ignorare tutto. Ma il grido della donna morente arriva fino alla stanza dove il bambino riluttante si esercita al piano. Anna, spinta da un impulso immotivato, nei giorni seguenti si reca in quel bar col suo bambino e , contravvenendo ad ogni regola, inizia a bere vino al banco e a conversare con uno sconosciuto, cercando ossessivamente informazioni sulla vittima e sul suo assassino.
Da questo momento tornerà regolarmente allo stesso bar, sempre in compagnia del figlioletto, che appena arrivato la lascia per andare a giocare sul molo che si trova davanti al locale, come se fra lei e lo sconosciuto ci fosse la muta intesa di ritrovarsi lì. Di Anna sappiamo pochissimo, solo che è una donna molto conosciuta nel paese, moglie del direttore delle Fonderie della Costa, e che abita in una grande villa in fondo al Viale del Mare. Dell'uomo, sappiamo ancor meno, soltanto che si chiama Chauvin ed è un ex dipendente del marito di lei. Del marito non sappiamo nulla di più del fatto che esiste. Anna non ha mai fatto parlare di sé, il suo comportamento è sempre stato irreprensibile, ed è stata sempre padrona di sé stessa, fino al giorno della tragedia avvenuta al bar: ora è inerme di fronte a questo nuovo impulso che la guida, è come se cercasse di adattare la propria nuova esistenza a quella tragica della donna morta, della quale vorrebbe sapere ogni dettaglio ma sulla quale raccoglie solo informazioni frammentarie e dicerie. "Beveva, voleva che il suo amante la uccidesse, il suo amante voleva ucciderla, era stata cacciata da lui ma tornava sempre ad ogni suo cenno; era una cagna che si accoppiava con chiunque". Anche Anna comincia a bere, e a fare sempre più tardi, come se le stia diventando sempre più difficile staccarsi da quell'uomo che le racconta la sua stessa esistenza come se la conoscesse ancor meglio di lei. Insieme a lui si ritrova a vivere un sogno dove le sembra di vedere la propria vita con gli occhi di un altro, ogni sua azione distorta dalla nuova coscienza che la osserva ; nello stesso tempo le sembra possibile e inevitabile che quella vita stessa ripercorra i passi di quella della donna morta.
Una sera le cose precipitano: a casa di Anna si tiene un ricevimento al quale lei si presenta in notevole ritardo e chiaramente ubriaca. A tavola, in mezzo a tutte le altre signore, giuste mogli per i loro uomini, spicca in modo disastroso: si comporta in maniera inappropriata, esce dagli schemi del comportamento sociale adatto all'occasione, è una macchia sullo spartito immacolato del suo coniuge. Si rifugerà nella stanza del suo amato bambino, dove vomiterà senza ritegno. La sorprende il marito, "un ombra che appare nell'inquadratura della porta." Anna "questa volta pronuncerà una scusa. Non avrà risposta."
Dopo due giorni ritorna al bar, per la prima volta senza il bambino. Le occhiate degli avventori sono inequivocabili: è ormai una cosa risaputa, è una donna disonorata, si sa in giro che è un'adultera. Ancora una volta, si apparta a parlare con Chauvin: ora ha davanti a sé la possibilità di vivere il sogno che lui le aveva raccontato, di essere la donna che lui aveva immaginato vivere nella grande casa in fondo al Viale del Mare, una donna capace di liberarsi dalle catene invisibili il cui peso sembrava essere diventato insopportabile. Ma nel momento in cui potrebbe prendere il volo, Anna viene sopraffatta dalla paura, una paura così grande da farla quasi gridare. Nel proprio essere, di tutto il coraggio e la forza che dovrebbe trovare in questo momento decisivo, non riesce a raccogliere nulla. Non riesce a staccarsi dalla propria esistenza per immaginare la realizzazione di una diversa, per immaginare di poter diventare una donna diversa. Così si alza. Così se ne va. Così torna alla propria esistenza.
Romanzo brevissimo ma intenso fino allo spasmo.

martedì 30 giugno 2020

Buio a mezzogiorno - Arthur Koestler , 1941


Chi è Nicola Salmanovic Rubasciov? E' colui che rappresenta e racchiude in sé e nel proprio destino tutti coloro che furono vittima dei cosiddetti "processi di Mosca", con i quali Stalin si sbarazzò della vecchia guardia rivoluzionaria e consolidò in modo sempre più inattaccabile la propria dittatura assoluta.Così facendo portò però molti comunisti, tra cui lo stesso autore, ad allontanarsi dal Partito e dalla degenerazione del sistema staliniano.
Non dobbiamo però credere che questo sia un romanzo anticomunista e antirivoluzionario: esso è piuttosto una riflessione sul divario tra l'aspirazione alla realizzazione utopica e le conseguenze negative che possono derivare dall'uso improprio del potere.
Rubasciov, insieme all'attuale leader del Partito, il cosiddetto N.1, fa parte della vecchia guardia di teorici della rivoluzione e filosofi militanti che sognavano di conquistare il potere per poterlo abolire e di governare il popolo per togliergli l'abitudine di essere governato. Di essa rimane solo lui, gli altri sono stati tutti eliminati. Ora è arrivato anche il suo turno di essere giudicato e accusato dell'unico crimine che il Partito conosce, cioè l'allontanarsi dal corso stabilito, e di essere sottoposto, se ritenuto colpevole, all'unico castigo che il Partito conosce: la morte. Rubasciov conosce benissimo i criteri con cui sarà giudicato: sa che per il Movimento il problema della buona fede soggettiva è privo di qualunque interesse. Chi sbaglia deve pagare; chi ha ragione sarà assolto. E' la legge del Credito Storico: la Storia si serve in ugual modo della verità e della menzogna, è indifferente alla virtù e lascia i crimini impuniti. Ma l'errore ha sempre le sue conseguenze che si ripercuotono senza pietà sulle generazioni future; pertanto bisogna fare di tutto per evitarlo e distruggerne il seme. Eppure, si chiede Rubasciov, come può il presente decidere ciò che in futuro verrà giudicata verità? Alla fine ci si è basati sulle deduzioni logiche, ma benchè ci si sia mossi tutti dalla stessa linea di partenza, si è giunti a risultati divergenti.Infine si è dovuti ricorrere alla fede, la fede assiomatica nella giustezza.
Dopo giorni di isolamento, le riflessioni di Rubasciov vengono interrotte dal colloquio Ivanov, suo vecchio amico e compagno, al quale è stato affidato il ruolo di inquisitore nel suo suo interrogatorio. Ivanov spiazza completamente Rubasciov dichiarando di non volergli estorcere una confessione con la violenza, ma ottenerla con la dimostrazione logica e razionale del fatto che la sua condotta individuale ha nuociuto alla causa universale del Movimento. Inizialmente Rubasciov si ribella alla sola idea di una simile capitolazione, ma l'avversario gli concede dieci giorni  per riflettere dichiarandosi convinto che allo scadere del tempo concesso lo stesso Rubasciov capirà la necessità logica di una piena ammissione di colpevolezza. Allo scadere dei dieci giorni, durante una lunga conversazione notturna, Ivanov riesce, con il ragionamento logico, a convincere l'antico compagno, che da quel momento si ritroverà alleggerito di un peso grandissimo e si dedicherà alla stesura della sua confessione che prenderà il volto di una riflessione sulla "maturità delle masse" e nella quale spiegherà il movimento pendolare che la Storia mostra di avere, oscillando sempre dall'assolutismo alla democrazia e dalla democrazia alla dittatura assoluta. In questa confessione egli coglie l'occasione per giustificare le proprie azioni e affermare la propria totale buona fede: 

 " Mi riconosco colpevole di non aver compreso la spinta fatale che sta dietro la politica del Governo e di avere pertanto assunto un atteggiamento d'opposizione. Mi riconosco colpevole di avere seguito impulsi sentimentali e così facendo d'essere incorso in contraddizioni con la necessità storica: Ho prestato orecchio ai lamenti dei sacrificati, rendendomi sordo agli argomenti comprovanti la necessità del loro sacrificio. Mi riconosco colpevole di aver posto il problema della colpevolezza e dell'innocenza più in alto di quello dell'utilità e del danno. Infine mi riconosco colpevole d'avere preposto l'idea dell'uomo a quella dell'umanità."

Ma per il nuovo inquisitore che sostituirà Ivanov, liquidato in quanto non più in linea con le attuali direttive del Partito, questo non sarà abbastanza: pretenderà da Rubasciov la piena confessione di aver agito, non importa se a ragione o torto, intenzionalmente o meno, contro il Movimento, dando ascolto al proprio io individuale, al proprio giudizio e alla propria coscienza ponendoli erroneamente al di sopra del grande Piano Rivoluzionario in corso e sottoponendosi così a sua volta alla legge del credito storico da lui stesso proclamata e alla sua condanna inesorabile: la morte. Rubasciov e la sua corrente antirivoluzionaria sono stati battuti e disfatti. Nel momento in cui il Partito doveva essere unito per scoraggiare un'imminente guerra civile, hanno creato una frattura in Esso. Se il suo comportamento è stato in buona fede e il suo pentimento è sincero come egli stesso afferma,allora egli deve aiutare a sanare questa frattura: poichè la politica dell'opposizione si è dimostrata l'errore, il suo compito sarà rendere l'opposizione spregevole, fare capire alle masse che l'opposizione è un delitto e che i capi dell'opposizione sono dei criminali. Questo è l'ultimo servizio che il Partito gli chiede. Rubasciov ha agito e pensato come doveva, di questo è convinto. Ha avuto torto, ha sbagliato, deve quindi pagare. E lo farà interpretando fino in fondo il ruolo di criminale nel pubblico processo di cui sarà protagonista, ligio al principio secondo cui ogni individuo è del tutto sacrificabile per il bene del Movimento.
Soltanto nel momento in cui, solo con se stesso,  si incammina verso la propria morte, permette  al dubbio di farsi strada nella propria mente e prende in considerazione l'idea che in fin dei conti ci sia veramente un errore nel sistema, e che questo errore sia proprio il precetto, da lui finora sempre considerato incontestabile, e in nome del quale aveva sacrificato gli altri ed ora egli stesso veniva sacrificato: il precetto per cui il fine giustifica i mezzi. "Era questa in fin dei conti la frase che aveva ucciso la grande fraternità della Rivoluzione e gettato tutti allo sbaraglio."

Concludo qui questa lunga recensione che ugualmente ritengo purtroppo non del tutto soddisfacente: una volta terminata ne ho eliminate parecchie parti per il timore di essere entrata troppo nei particolari e di risultare quindi eccessivamente pesante. Mi rendo conto però di aver dovuto tralasciare in questo modo considerazioni e passaggi che mi sembrano invece di grande importanza, e di non aver approfondito n maniera adeguata un argomento veramente vasto e profondo per il quale nutrivo scarso interesse e che invece leggendo quest'opera ho trovato a dir poco entusiasmante.

sabato 20 giugno 2020

La tristezza ha il sonno leggero - Lorenzo Marone , 2016

Prendete un uomo sui quarant'anni, impegnato in un matrimonio alla deriva a causa di un figlio che non arriva e che la moglie lascia per un altro. Prendete sempre quest'uomo, dategli un'infanzia da figlio di divorziati, una mamma soffocante, e  una famiglia allargata, con due mamme, due papà e vari mezzi fratelli da una parte e dall'altra. Attribuite a questa situazione tutte le conseguenti e canoniche ripercussioni sul suddetto uomo, che passerà infanzia, adolescenza e vita adulta  a lamentarsi del passato, a piangere sul proprio aspetto comune e ad attribuire la sua totale inerzia alla famiglia che ha alle spalle. Infine condite, spruzzando un po' ovunque, con perle di saggezza popolare che non fanno mai male e che non dispiace ascoltare visto che più o meno tutti ci rispecchiamo in esse; aggiungete il lieto fine con tanti buoni propositi per il proprio futuro di padre da parte sempre del suddetto uomo, che si spera prima o poi diventi adulto, ed eccovi pronto il libro.
Pregi dell'opera, una scrittura leggera e scorrevole, un'edizione con caratteri stampati in grande e capitoli brevi. Ah...e tanti bambini in arrivo.
 Ironia a parte, ho trovato questo libro di una banalità sconvolgente.

D'amore e d'ombra - Isabel Allende, 1984

"Questa è la storia di una donna e di un uomo che si amarono in pienezza, evitando così un'esistenza banale. L'ho serbata nella memoria affinché il tempo non la sciupasse ed è solo ora, nelle notti silenziose di questo luogo, che posso infine raccontarla. Lo farò per quell'uomo e quella donna che mi confidarono le loro vite dicendo: prendi, scrivi, affinché non lo cancelli il vento."
Con questo splendido aforisma Isabel Allende introduce il libro vero e proprio. Proseguendo la lettura è evidente che si riferisce ad una coppia in particolare tra quelle che incontreremo lungo la narrazione, quella di cui racconterà minuziosamente l'incontro, la nascita e la fase giovanile e ci preannuncerà a grandi linee il futuro. Nonostante questo mi piace pensare che sia riferito anche a tutte le altre coppie che animano il romanzo, ognuna profondamente diversa dall'altra, ognuna con fondamenta differenti eppure sempre sostenute negli anni, come spesso accade, dalla sua componente femminile.
Fa da sfondo al romanzo il periodo della dittatura, gli abusi perpetrati sulla popolazione inerme, il dolore di chi perde i propri cari senza sapere il destino che hanno avuto e piange su case e tombe vuote, e su di esso si intrecciano le vicende dei protagonisti.
Purtroppo, nonostante come in tutti i suoi romanzi l'autrice sia riuscita a creare un'atmosfera corale e intrigante, in questo mi sembra abbia ecceduto con la passione da romanzo rosa. Naturalmente, al di là di questo, rimane un romanzo da leggere come tutti quelli della grande autrice.

lunedì 1 giugno 2020

Bel-Ami - Guy de Maupassant, 1885

Chi è Bel-Ami? Bel-Ami è un uomo che fa ciò che di solito si attribuisce alle donne: si crea una carriera, una reputazione, una posizione economica e sociale sfruttando il fascino che esercita sulle donne di tutte le età e ceto, usandole come trampolino di lancio per il traguardo successivo a quello appena raggiunto e voltandogli le spalle quando non gli servono più. E' un uomo di scarsa cultura e modesta estrazione sociale, con scarse doti oratorie e di bassa caratura morale. Ma sa quello che vuole e ben presto scopre come ottenerlo! Vuole il successo, la ricchezza e la fama, ma li vuole ottenere senza sforzo e senza eccessivo impegno. A furia di raggiri, moine, bugie e sotterfugi riuscirà a raggiungere pienamente il suo scopo facendo innamorare di sé le donne che gli possono essere utili, usandole per i propri fini per poi abbandonarle senza scrupoli . In cambio egli si concede come amante, permette loro di prendersi cura di lui, di sostenerlo economicamente, svolgere il suo lavoro e aiutarlo a fare carriera. Di se stesso offre solo tradimento, angherie, avidità e distacco. Eppure tutte, nonostante la sua meschinità, che siano sposate, timorate di Dio, oneste, ancora bambine, già infedeli o intellettualmente molto al di sopra di lui, alla fine gli si concedono e farebbero di tutto per legare la loro vita alla sua.
Alla fine Bel-Ami si dimostra un uomo la cui bassezza morale e la mancanza di scrupoli lo portano a realizzare tutte le sue aspirazioni e a primeggiare su tutti i suoi rivali.
Questo uomo privo di tutte le qualità che siamo soliti considerare positive dimostrerà di averne invece una che gli permetterà di fare a meno delle altre: una grande capacità di sfruttare fino in fondo le uniche armi di cui è dotato, ossia l'irresistibile fascino che esercita sull'universo femminile e la completa mancanza di rimorso nell'usare il ricatto, la vendetta, la disonestà e il tradimento ogni volta che li ritiene utile alla propria causa.
Ci troviamo di fronte ad un personaggio assolutamente decontestualizzabile e adattabile a qualsiasi epoca e luogo : molto attuale e del tutto negativo da un punto di vista morale, risulta invece essere assolutamente vincente da un punto di vista pratico.
Opera di meritata fama, facilmente leggibile e appassionante, che vale sicuramente la pena di annoverare tra le proprie letture.

mercoledì 20 maggio 2020

Itaca per sempre - Luigi Malerba , 1997

Tutti noi conosciamo la storia del ritorno in patria di Ulisse, l'abbiamo studiata a scuola, magari abbiamo letto l'intera opera per nostro piacere personale. Eppure Malerba ci racconta una storia nuova e inaspettata; o meglio, gli eventi sono gli stessi, ma le motivazioni e le spinte interiori, i sentimenti che ci vengono presentati e descritti sono del tutto nuovi. E così gli stessi personaggi, nonostante compiano le stesse azioni, infinite volte narrate e infinite volte ascoltate, agiscono con motivazioni originali e inaspettate.
 Per cui Penelope, che conosciamo come sposa fedele, passiva, e incapace di riconoscere il proprio amato dopo vent'anni di lontananza, diventa una donna passionale e orgogliosa che non solo riconosce Ulisse al primo sguardo, ma che decide di fingere di non riconoscerlo, per vendicarsi della mancanza di fiducia che egli manifesta nei suoi confronti non svelandole direttamente la sua identità. Il mancato riconoscimento da parte sua pone Ulisse in una posizione di insicurezza emotiva che egli certo non si aspettava di dover sostenere, e istilla il dubbio nel cuore di tutti quelli ai quali  invece egli si era subito rivelato.
E Ulisse che conosciamo, e che è noto a tutti, per la sua intelligenza, la sua inventiva e la sua arguzia, non riesce in alcun modo a capire il comportamento imprevisto della sua sposa e le vere ragioni che si celano dietro di esso. Prima è amareggiato dal fatto che Penelope non lo abbia riconosciuto; poi, di fronte alle allusioni di lei, sospetta che si tratti di una vendetta nei confronti di uno sposo che ha tardato tanto a ritornare in seno alla propria patria e alla propria famiglia, e ha invece continuato a vagabondare per altri dieci anni dopo la fine della guerra, condannando la sua sposa a vent'anni di solitudine e di angosciante attesa; infine arriva a dubitare di se stesso e a volersi vendicare per il comportamento offensivo di Penelope minacciando di andarsene  lasciandola nuovamente alla sua amara e triste solitudine.
Nel nuovo Ulisse che le si presenta davanti dopo tanti anni, Penelope trova tratti che glielo rendono odioso e alieno. La offendono crudelmente la sua incapacità di fidarsi di lei e della sua onestà, il suo dubitare della sua virtù nonostante sia proprio lui quello che,secondo le notizie arrivate ad Itaca nel corso degli anni, l'ha tradita con donne incontrate in paesi lontani. Anche il modo sanguinario e spietato con il quale Ulisse uccide i Proci per vendicare le offese subite e impadronirsi nuovamente del trono la sconvolgono: vedere in azione il selvaggio Ulisse la fa riflettere su chi o cosa siano veramente gli eroi cantati dai poemi, cioè uomini senza pietà che tolgono con violenza e ferocia la vita ad altri uomini. Penelope confronta quest'uomo nuovo che le sta davanti con quello che per vent'anni ha sognato e ricordato con nostalgia: di Ulisse amava la capacità inesauribile di correre con il pensiero e con l'immaginazione, e l'arte ineffabile di sapere non solo raccontare le cose che gli accadevano, ma di farle accadere per poterle raccontare.  Alla fine questa donna fiera e onesta si trova a dover scegliere tra  una nuova e insostenibile solitudine e la rinuncia della vendetta verso lo sposo che ama nonostante tutto. Consapevole che, poiché le verità del mondo sono tante, vale quella che si ha scelto, ella sceglie di riconoscere Ulisse e di amarlo come il proprio sposo.
Davanti al riconoscimento di Penelope Ulisse abbandona i propositi di vendetta che lo portavano a lasciare nuovamente Itaca, e si costringe a dedicarsi ad una vita sedentaria con la sua sposa, seppellendo nel profondo di sé il suo inestinguibile desiderio di avventura.
Credo non sia impresa facile raccontare una storia che tutti conoscono senza mai annoiare il lettore ma proponendogli anzi punti di vista originali dai quali guardare la storia. Ebbene Malerba ci è riuscito e ha scritto un bel libro dalle atmosfere evocative che si fa leggere tutto d'un fiato.