Il libro è la narrazione del periodo che l'autore, mandato al confino dal regime fascista, trascorre in un paesino della Lucania. Levi descrive con grande accuratezza la vita quotidiana, i costumi e le dinamiche di una società di paese, ottusa, impegnata in giochi di potere, vendette famigliari, gelosie, meschinità, e percorsa da passioni potenti che come correnti sotterranee l'attraversano e la scuotono tutta. Nella posizione più bassa di questa società ci sono i contadini, sfruttati da tutti, dai signori locali e dallo Stato; Stato che essi vedono sempre come un nemico e a cui si rassegnano senza comprenderlo. I contadini simpatizzano con i confinati, poiché, in quanto vittime della loro stessa sorte, gli si sentono legati ,allo stesso modo che ai propri simili, dal senso di un comune cattivo Destino di cui lo Stato è una delle forme. Ciò che tiene unito il tessuto sociale è un profondo sentimento di consanguineità che sostituisce il senso dello Stato e della religione che sono assenti; sentimento non da intendere come istituto familiare, vincolo sociale, giuridico e sentimentale, ma come senso sacro di comunanza: è il vincolo potente del comparaggio, il più forte legame tra uomini.
Unico baluardo della lotta contro lo Stato è il brigantaggio, che difende, senza ragione o speranza, la vita e la libertà del contadino e che rappresenta l'epopea del mondo rurale. Con esso la civiltà contadina cerca di difendere i propri valori e la propria cultura, contro l'altra civiltà che non comprende e che sempre l'assoggetta. Per questo per i contadini i briganti sono eroi, perché sono soldati della loro guerra nazionale contro lo Stato.
L'opera svolse un'importante ruolo di denuncia delle condizioni di miseria e di arretratezza del Mezzogiorno e fece si che una parte della piccola borghesia delle regioni interessate si rendesse conto della condizione umana dei propri simili.
Una lettura da non perdere.

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