Tutti noi conosciamo la storia del ritorno in patria di Ulisse, l'abbiamo studiata a scuola, magari abbiamo letto l'intera opera per nostro piacere personale. Eppure Malerba ci racconta una storia nuova e inaspettata; o meglio, gli eventi sono gli stessi, ma le motivazioni e le spinte interiori, i sentimenti che ci vengono presentati e descritti sono del tutto nuovi. E così gli stessi personaggi, nonostante compiano le stesse azioni, infinite volte narrate e infinite volte ascoltate, agiscono con motivazioni originali e inaspettate.
Per cui Penelope, che conosciamo come sposa fedele, passiva, e incapace di riconoscere il proprio amato dopo vent'anni di lontananza, diventa una donna passionale e orgogliosa che non solo riconosce Ulisse al primo sguardo, ma che decide di fingere di non riconoscerlo, per vendicarsi della mancanza di fiducia che egli manifesta nei suoi confronti non svelandole direttamente la sua identità. Il mancato riconoscimento da parte sua pone Ulisse in una posizione di insicurezza emotiva che egli certo non si aspettava di dover sostenere, e istilla il dubbio nel cuore di tutti quelli ai quali invece egli si era subito rivelato.
E Ulisse che conosciamo, e che è noto a tutti, per la sua intelligenza, la sua inventiva e la sua arguzia, non riesce in alcun modo a capire il comportamento imprevisto della sua sposa e le vere ragioni che si celano dietro di esso. Prima è amareggiato dal fatto che Penelope non lo abbia riconosciuto; poi, di fronte alle allusioni di lei, sospetta che si tratti di una vendetta nei confronti di uno sposo che ha tardato tanto a ritornare in seno alla propria patria e alla propria famiglia, e ha invece continuato a vagabondare per altri dieci anni dopo la fine della guerra, condannando la sua sposa a vent'anni di solitudine e di angosciante attesa; infine arriva a dubitare di se stesso e a volersi vendicare per il comportamento offensivo di Penelope minacciando di andarsene lasciandola nuovamente alla sua amara e triste solitudine.
Nel nuovo Ulisse che le si presenta davanti dopo tanti anni, Penelope trova tratti che glielo rendono odioso e alieno. La offendono crudelmente la sua incapacità di fidarsi di lei e della sua onestà, il suo dubitare della sua virtù nonostante sia proprio lui quello che,secondo le notizie arrivate ad Itaca nel corso degli anni, l'ha tradita con donne incontrate in paesi lontani. Anche il modo sanguinario e spietato con il quale Ulisse uccide i Proci per vendicare le offese subite e impadronirsi nuovamente del trono la sconvolgono: vedere in azione il selvaggio Ulisse la fa riflettere su chi o cosa siano veramente gli eroi cantati dai poemi, cioè uomini senza pietà che tolgono con violenza e ferocia la vita ad altri uomini. Penelope confronta quest'uomo nuovo che le sta davanti con quello che per vent'anni ha sognato e ricordato con nostalgia: di Ulisse amava la capacità inesauribile di correre con il pensiero e con l'immaginazione, e l'arte ineffabile di sapere non solo raccontare le cose che gli accadevano, ma di farle accadere per poterle raccontare. Alla fine questa donna fiera e onesta si trova a dover scegliere tra una nuova e insostenibile solitudine e la rinuncia della vendetta verso lo sposo che ama nonostante tutto. Consapevole che, poiché le verità del mondo sono tante, vale quella che si ha scelto, ella sceglie di riconoscere Ulisse e di amarlo come il proprio sposo.
Davanti al riconoscimento di Penelope Ulisse abbandona i propositi di vendetta che lo portavano a lasciare nuovamente Itaca, e si costringe a dedicarsi ad una vita sedentaria con la sua sposa, seppellendo nel profondo di sé il suo inestinguibile desiderio di avventura.
Credo non sia impresa facile raccontare una storia che tutti conoscono senza mai annoiare il lettore ma proponendogli anzi punti di vista originali dai quali guardare la storia. Ebbene Malerba ci è riuscito e ha scritto un bel libro dalle atmosfere evocative che si fa leggere tutto d'un fiato.
La mia città
Bellissima e lontana
mercoledì 20 maggio 2020
mercoledì 13 maggio 2020
Candido - Voltaire , 1759
Candido, che come il suo stesso nome suggerisce, rappresenta l'ingenuità, a causa dell'amore proibito che nutre per la nobile Cunegonda viene cacciato dal castello in cui vive e inizia una serie di avventure che lo porteranno a percorrere il mondo accompagnato, a momenti alterni, sempre dagli stessi personaggi che ritornano in continuazione ma in situazioni sempre diverse e inaspettate. Durante le varie peripezie alle quali andrà incontro, il protagonista avrà modo di discostarsi dagli insegnamenti ricevuti da bambino e di farsi una propria idea sul ruolo che l'uomo ha nel mondo.
Candido è un romanzo filosofico e allegorico il cui tema principale è la satira contro l'ottimismo e la pretesa dell'uomo di arrivare a verità assolute in un mondo invece dove tutto è relativo. In particolare, la polemica è rivolta nei confronti della teoria di Leibniz secondo la quale Dio ha scelto il migliore dei mondi possibili e ogni male è tale solo per noi e non per l'insieme. Nel libro, sostenitore di questa dottrina è il pedagogo Pangloss, il cui nome significa "tutto lingua", cioè solo parole, personaggio che rappresenta la caricatura dei filosofi che disputano su problemi irrimediabilmente astratti e che vivono del tutto al di fuori della realtà.
Anche le vicissitudini di Candido sono simboliche e rappresentano il percorso di conoscenza e di esplorazione interiore che egli compie su di sé. Tali riflessioni porteranno il protagonista a concludere che le dispute filosofiche sono inutili, che l'infelicità umana è una condizione ineluttabile alla quale bisogna rassegnarsi, e che l'unico modo di dar sollievo ai mali dell'uomo è quello di attuare una ragionevole operosità che sia rivolta però soltanto alla nostra piccola porzione di mondo.
Al di là di tutto questo Candido è un racconto godibilissimo, da leggere tutto d'un fiato e che, nonostante sia stato scritto quasi tre secoli fa, è tuttora attualissimo poiché, anche attraverso il tempo, lo spazio e le vicissitudine storiche, l'essere umano non cambia mai la sua natura.
Candido è un romanzo filosofico e allegorico il cui tema principale è la satira contro l'ottimismo e la pretesa dell'uomo di arrivare a verità assolute in un mondo invece dove tutto è relativo. In particolare, la polemica è rivolta nei confronti della teoria di Leibniz secondo la quale Dio ha scelto il migliore dei mondi possibili e ogni male è tale solo per noi e non per l'insieme. Nel libro, sostenitore di questa dottrina è il pedagogo Pangloss, il cui nome significa "tutto lingua", cioè solo parole, personaggio che rappresenta la caricatura dei filosofi che disputano su problemi irrimediabilmente astratti e che vivono del tutto al di fuori della realtà.
Anche le vicissitudini di Candido sono simboliche e rappresentano il percorso di conoscenza e di esplorazione interiore che egli compie su di sé. Tali riflessioni porteranno il protagonista a concludere che le dispute filosofiche sono inutili, che l'infelicità umana è una condizione ineluttabile alla quale bisogna rassegnarsi, e che l'unico modo di dar sollievo ai mali dell'uomo è quello di attuare una ragionevole operosità che sia rivolta però soltanto alla nostra piccola porzione di mondo.
Al di là di tutto questo Candido è un racconto godibilissimo, da leggere tutto d'un fiato e che, nonostante sia stato scritto quasi tre secoli fa, è tuttora attualissimo poiché, anche attraverso il tempo, lo spazio e le vicissitudine storiche, l'essere umano non cambia mai la sua natura.
domenica 10 maggio 2020
La Nausea - Jean-Paul Sartre , 1938
Libro devastante. Rimango sempre stupita di quanto certi autori sian completamente, assolutamente e pericolosamente attuali.
Il romanzo racconta il drammatico percorso interiore che porta il protagonista, Antonio Raquentin, trentenne francese che vive di rendita, ad analizzare e comprendere la nuova e terribile sensazione che lo ha colto all'improvviso e che gli ha stravolto la vita e che lui chiama la Nausea.
Ma cos'è la Nausea? La Nausea è l'esistenza che si svela, ed è terribile a vedersi. Ogni cosa, la natura, gli uomini, gli animali, non sono altro che esistenti, senza la minima ragione di essere, superflui e di troppo. L'Esistenza non è la necessità, ma la contingenza; essa è sempre, ovunque e dappertutto: è un pieno che l'uomo non può abbandonare. Ogni esistente nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione, non ha voglia di esistere, soltanto non può esimersi dal farlo. Tutto ciò che resta di reale nell'individuo è l'Esistenza che si sente esistere. La coscienza non l'abita più nessuno, è una coscienza anonima, obliata, abbandonata: il senso della sua esistenza è essere coscienza di essere di troppo. Essa però non dimentica mai se stessa: è coscienza di essere una coscienza che si oblia. E' il suo destino. V'è conoscenza della coscienza. Essa si vede da parte a parte, liberata dall'uomo che l'abitava, mostruosa perché non è nessuno.
Ma ecco che, dopo tutta questa disperazione, nelle ultime pagine del libro si intravede un piccolissimo spiraglio: Antonio Roquentin si rende conto che forse è possibile giustificare la propria esistenza attraverso la creazione di qualcosa, nel suo caso un romanzo, che porti il lettore a pensare all'autore e alla sua vita come a qualcosa di prezioso e semi leggendario. Un romanzo che necessariamente parli di qualcosa che non esiste, che sia al di sopra dell'Esistenza, poiché un esistente non può mai giustificarne un altro. Attraverso l'opera e la luce che essa può riversare sulla vita passata, l'autore forse potrà ricordare la propria vita senza ripugnanza e arrivare, ma soltanto al passato, ad accettare se stesso.
Il romanzo racconta il drammatico percorso interiore che porta il protagonista, Antonio Raquentin, trentenne francese che vive di rendita, ad analizzare e comprendere la nuova e terribile sensazione che lo ha colto all'improvviso e che gli ha stravolto la vita e che lui chiama la Nausea.
Ma cos'è la Nausea? La Nausea è l'esistenza che si svela, ed è terribile a vedersi. Ogni cosa, la natura, gli uomini, gli animali, non sono altro che esistenti, senza la minima ragione di essere, superflui e di troppo. L'Esistenza non è la necessità, ma la contingenza; essa è sempre, ovunque e dappertutto: è un pieno che l'uomo non può abbandonare. Ogni esistente nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione, non ha voglia di esistere, soltanto non può esimersi dal farlo. Tutto ciò che resta di reale nell'individuo è l'Esistenza che si sente esistere. La coscienza non l'abita più nessuno, è una coscienza anonima, obliata, abbandonata: il senso della sua esistenza è essere coscienza di essere di troppo. Essa però non dimentica mai se stessa: è coscienza di essere una coscienza che si oblia. E' il suo destino. V'è conoscenza della coscienza. Essa si vede da parte a parte, liberata dall'uomo che l'abitava, mostruosa perché non è nessuno.
Ma ecco che, dopo tutta questa disperazione, nelle ultime pagine del libro si intravede un piccolissimo spiraglio: Antonio Roquentin si rende conto che forse è possibile giustificare la propria esistenza attraverso la creazione di qualcosa, nel suo caso un romanzo, che porti il lettore a pensare all'autore e alla sua vita come a qualcosa di prezioso e semi leggendario. Un romanzo che necessariamente parli di qualcosa che non esiste, che sia al di sopra dell'Esistenza, poiché un esistente non può mai giustificarne un altro. Attraverso l'opera e la luce che essa può riversare sulla vita passata, l'autore forse potrà ricordare la propria vita senza ripugnanza e arrivare, ma soltanto al passato, ad accettare se stesso.
domenica 3 maggio 2020
A voce alta . The reader - Bernhard Schlink ,1995
La storia narrata si svolge in Germania, inizia nel dopoguerra e continua negli anni successivi svolgendosi via via su binari totalmente diversi. Rimane comunque, in ogni suo momento e forma, una storia d'amore che terrà legati tra loro, anche a distanza e a dispetto della loro volontà, i due protagonisti, Michael e Hanna. I due si incontrano e diventano amanti quando lui ha 15 anni e lei 36 e vivono una storia intensa, che permette al ragazzo, insicuro e isolato dai coetanei, di maturare e acquisire sicurezza in se stesso, e alla donna di poter avere un rapporto con un essere umano che vive un momento di debolezza senza dover offrire spiegazioni sulla propria vita e sul proprio passato. Nel momento in cui Michael inizia ad integrarsi con i suoi coetanei Hanna sparisce, lasciandolo in preda alla sofferenza per la perdita della persona amata ai sensi di colpa per averla "tradita" vivendo una nuova vita dalla quale lei era esclusa. I due si incontreranno nuovamente dopo qualche anno in una circostanza del tutto inaspettata nella quale non potranno comunicare l'uno con l'altro ma che farà ugualmente luce sul passato di Hanna e sul suo comportamento: un processo sui crimini connessi nei lager nazisti nel quale Hanna, che compare come imputata, verrà condannata ad una lunga detenzione. Dopodiché le circostanze separeranno fisicamente i due per sempre, anche se negli anni a venire riusciranno a riallacciare un insolito rapporto a distanza.
Michael sarà segnato per sempre dal rapporto e dalla perdita di Hanna, tanto da cercare qualcosa di lei in ogni donna a cui cercherà di legarsi e, alla fine, da non innamorarsi più di nessun'altra. E nel momento in cui viene a conoscenza dei suoi segreti avrà verso di lei sentimenti ambivalenti: senso di colpa per averla tradita scegliendo un mondo del quale lei non fa' parte e senso di colpa per aver amato una donna accusata di crimini terribili. Accettare e comprendere Hanna significherebbe accettare l'inaccettabile, non comprenderla significa tradirla di nuovo. Anche durante la detenzione il filo che corre tra i due non si spezzerà e i due resteranno in contatto senza però vedersi mai più ma restando ugualmente emotivamente inseparabili.
Alle vicende emotive e sentimentali che segnano la vita di Michael si affianca la sua costante riflessione sul tema della generazione postbellica, di cui anch'egli fa' parte, e del suo rapporto fatto di dolore, incredulità e vergogna nei confronti dei crimini perpetrati dalla generazione precedente; analisi nella quale spicca la domanda ricorrente se sia giusto che i figli si debbano sentire colpevoli per le colpe e le mancanze dei genitori. Nell'insieme un libro assolutamente piacevole .
Michael sarà segnato per sempre dal rapporto e dalla perdita di Hanna, tanto da cercare qualcosa di lei in ogni donna a cui cercherà di legarsi e, alla fine, da non innamorarsi più di nessun'altra. E nel momento in cui viene a conoscenza dei suoi segreti avrà verso di lei sentimenti ambivalenti: senso di colpa per averla tradita scegliendo un mondo del quale lei non fa' parte e senso di colpa per aver amato una donna accusata di crimini terribili. Accettare e comprendere Hanna significherebbe accettare l'inaccettabile, non comprenderla significa tradirla di nuovo. Anche durante la detenzione il filo che corre tra i due non si spezzerà e i due resteranno in contatto senza però vedersi mai più ma restando ugualmente emotivamente inseparabili.
Alle vicende emotive e sentimentali che segnano la vita di Michael si affianca la sua costante riflessione sul tema della generazione postbellica, di cui anch'egli fa' parte, e del suo rapporto fatto di dolore, incredulità e vergogna nei confronti dei crimini perpetrati dalla generazione precedente; analisi nella quale spicca la domanda ricorrente se sia giusto che i figli si debbano sentire colpevoli per le colpe e le mancanze dei genitori. Nell'insieme un libro assolutamente piacevole .
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