"...in un umido settembre il tramonto esalò un vestito nero".
Così Manuel Scorza introduce ,usando una sineddoche ,l'opprimente atmosfera di sudditanza che ,nei panni dell'onnipotente Giudice Montenegro schiaccia il paese andino di Rancas. Terra di disgrazie,in cui "l'altitudine bestia,il freddo,la puttana solitudine,scoraggiava chiunque",i suoi abitanti sono poveri coltivatori di un suolo dove cresce poco o niente e allevatori di pecore e vacche che si nutrono di quel che cresce sulle terre comunali. Su di loro,ricchi e prepotenti,si elevano i fazenderos che spadroneggiano su tutto e tutti e per i quali il contadiname è meno di niente. E onnipotente e al di sopra di tutti si pone il Giudice Montenegro. Eppure la gente sopporta:la fame,la povertà,le umiliazioni. Tira avanti e sopporta. Sopporta le angherie,le ingiustizie,le privazioni. Sopporta,sopporta sempre,sopporta finché muore.
Finché un giorno la fame insaziabile dei latifondisti arriva all'estremo e compare il Recinto,con il quale il monopolio dei latifondisti si impadronisce abusivamente di tutte le terre. E il popolo esasperato,privato ormai di tutto si ribella,chiedendo inizialmente aiuto alle istituzioni. Ma nessuno lo ascolta,perchè il popolo straccione è niente in un paese dove è la Giustizia che genera l'ingiustizia e le autorità sono vendute.
Questo romanzo è il primo di molti in cui Scorza denuncia le ingiustizie e i soprusi subiti dalla povera gente del Perù, in una zona così inaccessibile che "indietreggiare voleva dire urtare nelle nubi col culo."

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